
Alzò lo sguardo. Sotto il berretto che pendeva troppo da un lato, due occhi color del mare guardarono verso un punto indefinito. Persi chissà dove, quel loro celeste ricordava l’acqua tersa di Cap Bon di primo mattino, quando la spiaggia è deserta e il fondale limpido. Erano due punti cerulei incastonati nella pelle olivastra con sfumature di rosso, solcata dalle rughe profonde, lunghe linee che partivano dagli angoli degli occhi e si irradiavano come ragnatele per tutto il viso. Aveva il volto segnato dei contadini, di chi ha lavorato a lungo la terra ed è arso dal sole, anche se lui, in verità, non lo era mai stato. La vita l’aveva sempre trascorsa in città, ma la luce del posto non perdonava, e a forza di strizzare gli occhi abbacinati la pelle gli si era marcata. In quelle righe, si contavano una per una le volte che aveva chiuso gli occhi, prima per il troppo sole e dopo per ciò che non aveva voluto vedere. Ogni volta aveva sperato che le palpebre abbassate e le lacrime si fossero portate via tutto. La pelle quasi bruciata e illuminata da quell’azzurro ricordavano il suo paese, la terra color ocra che si perde a vista d’occhio fino al Mediterraneo.
Haythem guardò e non vide niente. Gli occhi gli ballavano. La ragazza era seduta di fronte a lui. Di tanto in tanto cercava di posare lo sguardo su di lei, ma quello sfuggiva e andava oltre, fino a non fargli vedere più nulla. Lei lo chiamò una volta, due volte e poi una terza. Haythem allora si girò verso la ragazza, sforzandosi di darle tutta l’attenzione di cui era capace, almeno fino al prossimo colpo di vento, alla prossima folata di pensieri ammucchiati che se lo sarebbe portato via per altri lunghi minuti. Erano le sei di pomeriggio, faceva freddo e lui ordinò un cappuccino, come si usa a quell’ora dalle sue parti. Dopodichè si accese l’ennesima sigaretta, per concentrasi, o almeno così gli sembrava. La mano gli tamburellava sulla gamba, incapace di stare ferma. Haythem sembrava portarci il tempo del cuore che gli galoppava in petto, così forte che lui temeva di perderselo. Lo angosciava questo pensiero, e allora battere i polpastrelli lo aiutava a sentirne il ritmo, a dargli una qualche illusione che lo avrebbe controllato, che non si sarebbe fermato a sua insaputa. “Mi scoppierà un giorno”, diceva mentre si toccava il petto, “come questa testa”. Altre metafore Haythem non le conosceva. Tutto era sangue, esplosioni, ferite. Era un fascio di nervi. Non parlava, urlava. Nemmeno lo faceva apposta, ma la voce gli si alzava da sola, come se fosse sempre in mezzo ad una folla di persone, e dovesse lanciare la sua più in alto, più lontano, per farsi ascoltare. Ogni parola che gli veniva fuori lo scuoteva, gli costava uno sforzo enorme, e non ancora aveva finito di tirarla via che il mare dei suoi occhi era tornato immobile, di nuovo perso in un punto lontano. Non aveva nemmemo quarant’anni. Eppure, come per i contadini del sud, il volto consumato lo invecchiava almeno di un’altra dozzina di anni.
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