
La richiesta della mia amica mi creava dei dubbi: mi chiedeva se potevo ospitare a casa dei ragazzi eritrei, un ragazzo e una ragazza. Io volevo e non volevo. Il problema era che non ci conoscevamo affatto e chissà quale imbarazzo si sarebbe creato tra me e loro e come convivere insieme e quanto tempo. Si fa presto ad avere l’idea di essere utili, però poi realizzare quest’idea è tutta un’altra cosa. E non è solo una questione di culture…
Allora la mia amica mi porta da loro; in un appartamento dove vivevano insieme almeno una decina di eritrei. Entro con un bagaglio di imbarazzo e di disagio: sono anche un po’ infastidita da questa “terapia d’urto” della mia amica. Loro mi sorridono, lei comincia a parlarci con grande allegria, capiscono benissimo il mio imbarazzo e cercano di parlare con me. Qualcuno conosce l’italiano, qualcuno no. Alla fine viene fuori un misto di italiano, inglese e gesti e incominciano i primi miei sorrisi. Sparisce quel disagio, i tempi si dilatano e stiamo lì a chiacchierare tra noi, in quel modo un po’ strano.
Poi arriva Ivan, un bambino di 5 anni con due occhini bellissimi. Era stato al pronto soccorso per una malattia della pelle: aveva le mani tutte rosse.
Arriva anche uno dei due ragazzi che avrebbe dovuto venire a stare da me. Era imbarazzato almeno quanto me quando sono entrata li. Nemmeno mi guarda negli occhi, Ivan è suo amico. Francesca ha l’idea di andare a casa mia, così, per rompere il ghiaccio. Con noi viene Ivan: è lui il tramite per rompere il ghiaccio.
A casa Ivan gioca con il mio gatto e io e Francesca e quel ragazzo giochiamo e ridiamo con Ivan e il ragazzo non ha più l’imbarazzo di prima. Nessuno di noi tre è più a disagio. Quando vanno via, Ivan è molto dispiaciuto di lasciare il gatto e lo chiama “la cosa piccola”. L’ho rivisto un giorno che andavamo all’asilo a prendere mio nipote. Ho visto quegli occhioni dalla porticina dell’asilo e gli ho detto: “Io ti conosco!”. Lui sorrideva e in quel momento mi sono sentita contenta.
Mio nipote mi racconta che Ivan è “cattivo” che morde gli altri bambini, che ruba i giochi degli altri e io gli dico: “Lo sai che è stato a casa mia? Lo sai che ha giocato con ginger? (che è il mio gatto). Una volta ti va di invitarlo a giocare?”. E mio nipote mi ha detto di sì.
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