
Luglio. Dieci anni fa. A Foggia fa molto caldo e l’asfalto della statale che corre lungo i campi emana vapori. Sto per entrare in un centro di accoglienza per stranieri. Ieri sera, dopo uno sbarco in Sicilia, sono state trasferite circa mille persone, extracomunitari si dice in questi casi. Molti di loro son fuggiti da guerre e persecuzioni: potranno chiedere asilo. Io, invece, sono arrivato fino a qui perché devo spiegare a tutti questi uomini e a queste donne che chiedendo asilo potranno ricevere, attraverso un progetto, accoglienza in alcuni comuni della penisola e continuare a restarci per un po’ di mesi, se la loro richiesta verrà accolta.
Supero il cancello dell’ingresso sorvegliato dalla polizia e comincio a girare fra le roulotte della protezione civile che sono state sistemate sulle assolate piste di un aeroporto in disuso. E’ la prima volta e il cuore batte forte. Penso, per rincuorarmi, che non sarà molto diverso da uno dei tanti mercati del vicino oriente nei quali mi sono aggirato nei miei viaggi.
Ma è diverso. Molto. Da una parte gli afghani, quasi tutti uomini, da un’altra i curdi di Turchia, quelli di Iraq o di Iran con le loro famiglie. Nelle ultime roulotte gli eritrei. Sono le dieci di mattina e Soran, che lavorerà con me nel campo e farà da interprete di curdo e arabo, è già lì ad aspettarmi. Anzi, poco prima ha conosciuto, tra tutti quegli stranieri, Abdallah, un curdo nato in Iran. Con il suo aiuto, attraverso una lunga catena di lingue, dall’italiano al curdo di Iraq, al curdo di Iran e infine al farsi, forse riuscirò a comunicare anche con gli afghani.
“Non parlare rivolgendoti a me, non guardarmi mentre traduco le tue parole – mi dice Soran – ma rivolgiti direttamente agli uomini adulti, ai più anziani. E stai tranquillo, andrà benissimo”. Iniziano così lunghe giornate di incontri, in piccoli crocicchi tra le roulotte che sono diventate abbozzi di case, con qualche panno steso e pochi bambini che si rincorrono tra esse. Per fortuna, quando mi fermo in mezzo a loro a parlare, qualche anno di yoga mi aiuta a tenere quella posizione accucciata sui talloni che tutti gli orientali usano.
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