
Quando è scuro mi mette un po’ d'angoscia attraversare a piedi questo ponte, ma non avevo altra scelta ho dovuto lasciare la macchina lontano da casa. La serata è una di quelle che solo la fine di novembre sa dare, una fitta nebbia imprigiona la luce dei lampioni, la Pescaia sotto il ponte fa rimbalzare l’acqua dell’Arno facendo un fracasso infernale. Il rumore m'attrae, mi fermo a guardare disotto. L’acqua salta e scorre velocemente in mezzo ad un turbinio di schiuma e di schizzi che arrivano fino a me bagnandomi il viso. Mi sento attratto e respinto da questo scenario come se fosse il futuro. Curiosità e paura di conoscere quello che sarà, mentre, quello che è stato, se ne va con la corrente verso l’ignoto. Mi sento solo e indifeso. “Scusi”. Mi volto come se fossi stato richiamato in vita. “Mi scusi, per caso lei sa dove posso trovare una Chiesa aperta”. Ha una specie d’impermeabile che gli arriva quasi fino ai piedi, un po’ più chiaro dello sporco. I capelli lunghi e trascurati si confondono con la barba appiccicandosi sul viso. La faccia è scavata e sofferente. Ai miei occhi è uno dei tanti, uno di quelli che portano sfacciatamente in giro le conseguenze degli assurdi di questa società facile e feroce. Cerco d’allontanarmi dalla spalletta del ponte, sotto il futuro che mi spaventa e davanti a me il presente che rifiuto. S'accorge del mio imbarazzo: “No, non si preoccupi, non voglio niente, chiedevo solo se mi può indicare una Chiesa aperta”. Guardo l’orologio che non riesco a vedere, dovrebbero essere le otto passate, cerco di dargli l’indicazione che mi ha richiesto: “Certo è un po’ tardi, in ogni caso, vede dove ci sono quelle luci, in quella piazzetta c’è la Chiesa di Santa Maria in Cestello, può darsi sia aperta, caso mai c’è una piccola porta laterale”. Mi faccio coraggio e gli domando: “Venendo dal centro della città non ha trovato Chiese aperte?”. Non deve essere cattivo, forse ha solo bisogno d'aiuto, di soldi. Sorride e cerca di spiegarmi: “Non è che ho attraversato tutta la città, però tra quelle che ho visto solo alcune erano aperte, ma per una ragione o per un’altra non mi è stato possibile entrare. Mi è stato detto che c’erano le funzioni religiose e che non dovevo disturbare”. Poi, alzando un braccio e facendo uscire la mano dalla manica indica nella nebbia: “In quella la dietro, un Poliziotto
mi ha detto che dovevo cercare altrove se non volevo avere dei guai”. Ora lo sto ad ascoltare quasi interessato, deve essere un buon diavolo, potrei anche aiutarlo però a modo mio, solo per quello che ritengo necessario. Intanto lui va avanti nell’elencarmi le sue delusioni: “In quella traversa mi sono fermato davanti ad una Chiesa che sembrava una casa, in un cartello vicino alla porta ho letto che è aperta solo il giovedì e mi pare per un paio d’ore”. Ricordo che ci sono passato davanti alcune volte: “Ho capito, ma quella non è cattolica”. Sorride di nuovo, la luce dei suoi occhi accompagna il nostro colloquio: “Sulla porta ho visto un Crocifisso e ho pensato che fosse una Chiesa”. Mentre la nebbia si fa sempre più fitta, lui seguita a parlare: “In un’altra non mi hanno fatto passare perché non avevo una specie di berretto con il quale avrei dovuto coprirmi il capo, prima d’entrare”.
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