
Abstract
Miriam: Nello Amato è un ragazzo molto attivo nel campo della solidarietà, sia nella sfera privata, che nella sfera pubblica. La sua esperienza personale e familiare ha molto da insegnarci sul senso profondo della solidarietà durante, pre e post quarantena. Iniziamo con qualche domanda…
Durante la quarantena tu sei rimasto a Bologna, nel collegio dove studi. Hai deciso di non tornare alla tua casa natale…. Cosa è successo? Hai potuto continuare a svolgere la tua attività di volontariato? Nello: Ho trascorso il periodo del lockdown a Bologna, in una “residenza mista” che ospita sia borsisti e collegiali afferenti al Collegio Superiore di Bologna sia persone portatrici di disabilità, soprattutto non vedenti, insieme ad un gruppo di volontari che li assiste. A PASQUA ABBIAMO PIANTO INSIEME. Quando è iniziato il periodo di quarantena infatti, alcuni hanno continuato, comunque, ad abitare qui. Altri sono riusciti a tornare a casa prima del decreto dell’8 marzo. Qualcun altro era già a casa e non è potuto tornare e anche questo è stato complicato, perché molti si sono ritrovati senza libri per studiare. Per coloro che vivono sulla propria pelle la disabilità è stato ancora più complicato. Io ho continuato a fare volontariato, non in maniera ufficiale, perché il ragazzo con cui faccio il volontario è tornato in Puglia. Però sono venuto in contatto con un altro ragazzo non vedente e una ragazza che invece è abbastanza autonoma, ma ha una lieve disabilità. Con loro ho intessuto una relazione di amicizia più forte ed intensa rispetto a prima. Addirittura, la ragazza in questione non la conoscevo neanche prima del lockdown. La nostra residenza è diventata una sorta di piccola grande famiglia in un momento così delicato. Ci siamo molto avvicinati. Ho vissuto il periodo del lockdown in maniera diversa. Tanti si sono magari annoiati a casa, io no. Nonostante le distanze sociali e fisiche, abbiamo cercato di confrontarci, esserci l’uno per l’altro. Così abbiamo sperimentato la solidarietà. Le problematiche mie personali diventavano quelle degli altri. A Pasqua, ad esempio, insieme a questa ragazza, non ci siamo potuti abbracciare però abbiamo pianto insieme. Lei mi ha raccontato le sue problematiche personali e fisiche. Non menziono i dettagli, io invece altri tipi di difficoltà. Io le ho confidato pensieri e le preoccupazioni che avevo verso i miei genitori che mi avevano tolto il sonno per un mese. In quel momento non ci siamo abbracciati per rispetto delle regole e per il fatto che abitiamo con altre persone. Ciò nonostante, piangendo insieme quelle lacrime ci hanno uniti più di un abbraccio. Miriam: E’ proprio il significato di empatia! Nello: Sì, solidarietà vista da più prospettive. Da un lato come aiuto materiale e dall’altro come aiuto emotivo, che è molto più importante e più delicato e difficile da attuare. Donare vestiti usati si fa in maniera più semplice, ma esserci per un’altra persona, ascoltarla è molto più complicato e non è da tutti. (Scarica il pdf)
Ascolta l'intervista: https://youtu.be/KInEOC-iXUQ
- Storie di quarantena
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