
Se volessimo provare a sintetizzare in un acronimo questa storia, anziché DAD, didattica a distanza, dovremmo formulare la sigla ADDD: A Distanza (la più lunga possibile) Dalla Didattica. In portoghese DAE: “Distante da Atividade Escolar”.
Fuori dai giochi linguistici, le proteste degli studenti italiani costretti, dalla pandemia, a seguire le lezioni da casa, davanti a un monitor, per certi versi hanno un precedente. Un fenomeno di massa che risale a circa 30, 40 anni fa, Oltreoceano. Milioni di giovani, ogni fine settimana, percorrevano distanze chilometriche, dalle periferie e favelas brasiliane per ritrovarsi tutti insieme in assemblee e presidi informali, e resilienti. Gruppi di studio “matto e disperatissimo”, di mutuo aiuto, per passare l’impossibile “vestibular”, l’esame di accesso alle università. Perché, in Brasile, negli anni ’80 e ’90, gli atenei non erano mica accessibili a tutti. Porte sbarrate soprattutto ai poveri, “carentes”. Peggio se
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